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L’Eretico su Marte è arrivato

Da qualche giorno ho partorito questo bellissimo contenitore libero pieno idee, pensieri, arte. Una webzine di musica e non solo, nata dalla necessità di dare libero sfogo alle mie non-regole editoriali e giornalistiche, slegate dai soliti dogmi che governano le varie riviste musicali, soprattutto online. L’Eretico su Marte è un progetto che ho creato insieme ai miei preziosi amici e colleghi eretici Marco Salanitri e Azzurra Sottosanti, con i quali ho sempre affrontato questo affascinante e talvolta arduo cammino. Finalmente siamo arrivati ad una destinazione, abbiamo deciso di approdare e fermarci su Marte, pianeta che rappresenta per noi tante cose. Ad accompagnarci e sostenerci sono stati e lo sono tuttora molti amici, lettori, artisti e colleghi che hanno creduto in noi e continuano a crederci. Per cui, un ringraziamento speciale va a Giuseppe Lanno/ Lucio che è stato al nostro fianco ogni santo giorno, ha assecondato tutti i nostri deliri e li ha magicamente e magistralmente traposti in poetiche immagini in movimento. Ringrazio ancora Riccardo Sinigallia, Mauro Ermanno Giovanardi, Antonio Di Martino, Simona Norato, La Governante, Valerio Silvestri in arte Monobjo, La rappresentante di Lista, Andrea Corno in arte Oratio e Alessandro Grazian, i quali si sono splendidamente prestati per la realizzazione dei video teaser eretici.

Nel nostro MANIFESTO ERETICO proveremo un po’ a spiegarvi la nostro linea di pensiero:

3 marzo 2015: dopo un terribile viaggio ipodermico e sotto sale, i nostri eretici riprendono conoscenza ed atterrano sul Pianeta rosso. L’Eretico su Marte è una webzine concepita dall’incontinenza mentale di tre diversamente giovani blogger. La nostra regola è sregolata, sperimentare è il nostro credo, non avere limiti il nostro spazio. Abbandonarsi al flusso di (in)coscienza e scrivere. Ci nutriamo di musica, letteratura, cinema e arte. “Eretico” viene dal greco airetikòs, “che sceglie”: sosteniamo la libertà di non ossequiare alcuna sovrastruttura giornalistica che impone restrizioni di parole, righe e affermazioni. Esprimere il proprio parere: obiettivi sì, ma disumani no! Abbiamo intrapreso un lungo cammino nella selva dello showbiz indipendente, temprato gli spiriti affrontando intrepide lotte contro baracche-redazioni degli orrori, improbabili orchi-manager, organizzatori di eventi dalle sataniche fattezze, sepolcrali e sinistri agenti-promoter. Urliamo il nostro grido di vendetta al male del secolo: i cimiteri della comunicazione travestiti da uffici stampa. Siamo e saremo politically incorrect, non siamo giudici ma donne e uomini appassionati ed entusiasti. Amiamo le rivoluzioni ma non vogliamo effetti speciali, preferiamo le piccole battaglie quotidiane fondate sul potere della parola, del gesto e dell’ascolto. Non recensiremo 10 dischi al giorno, ce ne basteranno uno o due, perché la qualità sarà sempre più importante della quantità, ma giuriamo di tornare all’ascolto, quello vero, della musica e di chi la crea. L’immaginario senza confini è il nostro habitat naturale. E Marte è un pianeta ricco di ossido di ferro necessario a dare l’energia giusta per farlo.

«Se il critico vuole fare l’osservatore puro, lo scienziato dell’Ottocento, senza sentimenti e senza emozioni, imparziale e neutrale come la Svizzera, è portato a fallire miseramente. Perché la neutralità è semplice e condanna il critico a una superficialità senza incertezze, senza domande ma con mille risposte, ordini, dogmi. Questo non si fa, questo non si dice, questo non si pensa. Il critico che critica invece è sempre un eretico. È uno che alla regola oppone l’incubo del dubbio. Oppone l’eversione. C’è sempre bisogno di evertere per cercare, per criticare, per leggere tra le righe, tra i silenzi. […] Bisogna avere paura».
(Alessandro De Filippo, “Il critico critica”, da “Eiga”)

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Omosumo – Surfin’ Gaza

omosumo surfin gaza copertinaSe il precedente Ep era espressione dello space-age techno industriale, liquido meccanico up-tempo da fabbrica incendiata, adesso quell’energia si dispiega fino alla Terra generando un groove più maturo, volando verso evoluzioni musicali sempre più lontane, che abbracciano l’intero Cosmo, dall’America al Medioriente, sostando abbondantemente in terra sicula, come suggerisce il basso risonante registri dell’estremo sud. Registrato e mixato presso l’800a Studios di Palermo per la Malintenti Dischi, Surfin’ Gaza, debut album degli Omosumo, ovvero Roberto Cammarata, Antonio Di Martino e Angelo Sicurella, che con questo lavoro superano se stessi, al di là di ogni aspettativa, un perfezionamento degno del loro spessore artistico. Il suono è stato “ripulito”, più minimal, curato nel dettaglio ma spontaneo, velato d’ambient e meno aggressivo. Tutto ha inizio da un concept, la Striscia di Gaza: trae spunto dal documentario di Alexander Klein “God Went Surfing With The Devil” e dalle iniziative di pace di Matthew Olsen e Dorian Doc Paskowitz, nate con lo scopo di riconciliare israeliani e palestinesi tramite il surfing. Surfin’ Gaza, la title-track, è proprio un trattato di pace, la zona franca che ritrae i due popoli in armonia, astrattamente lontani da quel teatro di guerra che ha dilaniato e martoriato se stesso e tutti. Contaminazione di suoni e di lingue che comunicano questa esigenza di trascendere le differenze di civiltà e religione e che donano all’album un ampio respiro internazionale, globale e completo, dove accanto all’italiano vi si accostano liriche straniere quali l’arabo e l’inglese. L’ensemble strumentale si arricchisce di ogni strumento, synth, organi, varie drum machine, il sax in Dovunque Altrove che, tra alberi di plutonio e gente che cerca riparo dalla guerra attendendo navi dirette su Giove, si annoda al cantato italiano, minimale quanto Nowhere, bianco, uno dei brani più distinti del disco, dalle sonorità ambient che ci portano in un non-luogo areato in cui abbandonarci. Nove tracce di rara bellezza e ormai sporadica esclusività, che trasudano storie civili, affrescano immagini che si respirano tra le note, come quella del brano d’apertura, favolistico ma amaro, Yuk, racconto di una bambina che vive dentro un albero, gioca da sola attorniata da animali immaginari e osserva la sua città bombardata: eco perpetuo eurorientale al grido mistico di “Insallah”, tra synth che sembrano provenire da sott’acqua e fluide chitarre che incidono l’impossibilità di poter guardare serenamente al domani, appellandosi alla sola volontà divina. Se Walkng on Stars tocca le corde emozionali più profonde, Waves, pezzo meccanico, psicotico e dub, ci riporta sobri e più distaccati, quasi personificasse la glacialità di chi commette certe atrocità, questi senza nessuna vena poetica però. Nancy è una corsa tra le valli deserte afose, un viaggio on the road, un’esplorazione, come quella che il brano compie nei meandri dei pensieri di una ragazza desiderosa di un nuovo amore. Ahimana è una delle perle del disco, esotica, come un mantra techno messo in musica da uno sciamano che ci porta in uno stato di trance. L’elemento acquatico, che trascina all’essenza e sospende ogni ostilità, predomina fino ad Atlantico, pezzo di chiusura che canta il desiderio impulsivo di abbandonarsi in quest’oceano, mettendo in stand by i pensieri, l’intermodulazione della chitarra sembra fissare la soluzione e con la distorta batteria, intervallati dal meditativo sax, sembrano esprimere in chiave post-rock “E il naufragar m’è dolce in questo mare…”. Un disco contemplativo e passionale che ci avvicina alle radici prime della terra, rivelazione di un viaggio allucinogeno accompagnato da onirismi; il vento caldo ci trasporta lontani, tra i fantasmi, ponti ideali che ricongiungono electro, ambient, house sperimentale, ritmi africani, desertici, prog e suoni di ghiaccio nordeuropei per farne un continuum musiconarrativo chiamato Omosumo. Un disco raffinato, il trio palermitano è già un cult.